Nonostante per alcune vecchie generazioni l’affermazione potrebbe quasi apparire paradossale, giocare a dei videogiochi, soprattutto a livello agonistico, può essere classificata come attività sportiva professionale .
Non solo, possano aspirare definitivamente al rango di discipline olimpiche ed essere premuroso come tali, sarà necessario che i partecipanti, o per meglio dire i giocatori, si attengono a quelli che sono i valori morali che hanno sempre contraddistinto le Olimpiadi sin dalla loro nascita oltre a dover sottostare a dei controlli antidoping periodici e prefissati.
Si tratta della decisione ufficiale e abbastanza recente proveniente dal Comitato Olimpico Internazionale che in un incontro avvenuto a Losanna non ha potuto esimersi dal discutere di una tematica che ormai milioni di persone in tutto il mondo e come tale meritava un riconoscimento formale e definitivo.
Ma cosa sono gli E-sport davvero?
Con questo termine si tratta tutte le attività quelle attività sia mentali sia fisiche, che ruotano intorno alla giocabilità di un videogame, in riferimento di a cui titolo, e vedono come protagonisti per l’appunto i giocatori in modalità sia singola sia multiplayer.
Come si è giunti a questa decisione
disponibile per i vari appassionati gli E-sport fosse già qualcosa di estremamente tangibile e riconosciuto, per lo meno all’interno delle community di gioco, è innegabile come il grande pubblico fosse totalmente all’oscuro di questo mondo.
A colmare questa mancanza è intervenuto il quotidiano britannico Guardian che nello scorso anno ha redatto un’inchiesta minuziosa e dettagliata su questo fenomeno.
Sono emersi dettagli sicuramente interessanti e per alcuni sconvolgenti se si pensa, ad esempio, che ogni giocatore, o giocatore con un’età compresa tra i 15 ei 25 anni , per poter raggiungere un livello medio-alto si sottopone a un allenamento anche superiore alle 10 ore giornaliere, oppure che le durate delle partite, soprattutto se in multiplayer, possono durare benissimo anche 10 o 12 ore.
Il giro d’affari
I Paesi che risultano più attivi nella promozione e sponsorizzazione degli E-sport sono Stati Uniti e Asia .
Se appena nel 2016 gli E-sport avevano generato un giro d’affari superiore ai 460 milioni di dollari, il 2020 ha registrato la cifra record di 1,5 miliardi di dollari .
Nutrito è ovviamente anche il pubblico che assiste alle sessioni di allenamento e/o gioco sborsando centinaia di dollari per aggiudicarsi i biglietti ei posti migliori agli eventi live che annualmente si tengono.
Un tempio sacro degli E-sport, ad esempio, è la Key Arena di Seattle che nel 2019 ha visto la presenza di oltre 200mila fan con un montepremi finale di 24 milioni di dollari.
Doping e scommesse
Come tutte le attività in cui c’è una forte componente agonistica, è immancabile la presenza di un lato oscuro che puntualmente rischia di gettare discredito sulla disciplina.
I nemici in questo caso sono da identificare nel doping e nelle scommesse fuori controllo.
Sono diversi i giocatori che per fornire performance sempre più di alto livello e accaparrarsi i premi conclusivi decidono di ricorrere all’uso di medicinali stimolanti e sostanze psicotrope eccitanti .
Anche per questi motivi, il Comitato Olimpico Internazionale spinge per una regolamentazione il più possibile celere e severa.
La situazione in Italia
In Italia questo fenomeno è presente, sebbene non abbia né la portata né il giro d’affari che si riscontrano in altre realtà.
L’attenzione è comunque alta e cominciano a comparire prime manifestazioni a tema che possono aiutare anche il grande pubblico italiano ad approcciarsi con gli E-sport.
Uno degli eventi più degni di nota si è tenuto nel 2016 a Firenze , un torneo denominato Italian Gaming League con premio finale di 5mila Euro.